Analfabetismo digitale piaga d’Italia e ostacolo per il futuro: cause e rimedi

La tecnologia si è evoluta in modo molto diverso da come si aspettavano le vecchie generazioni. Quando negli anni ’50-’60 si pensava al nuovo millennio si immaginava una realtà futuristica degna di Asimov. Viaggi spaziali, macchine volanti, maggiordomi robot e aperitivi marziani. Tuttavia il 2000 ha visto un’evoluzione tecnologica nettamente diversa, orientata verso l’Intelligenza Artificiale e Machine Learning, Big Data, realtà aumentata e robotica. L’era tecnologica ha visto un’evoluzione improvvisa e veloce e c’è chi si è adattato e chi no.

L’Italia ha fatto fatica a tenere il passo con questa evoluzione e ora, nel 2019, l’analfabetismo digitale è un problema sempre più allarmante e una lacuna tanto profonda quanto la digitalizzazione avanza verso nuove frontiere.

Analfabetismo digitale e funzionale: panoramica italiana

Se fino a pochi decenni fa l’analfabetismo consisteva nel non saper leggere e scrivere, dopo l’avvento della scuola dell’obbligo l’analfabetismo ha preso altri significati.

Analfabetismo funzionale

Condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità.
OECD Glossary of Statistical Terms – Functionally illiterate Definition

Secondo il PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) l’11,8% degli adulti dei paesi partecipanti ha un alto livello di capacità linguistiche. E l‘Italia solo il 3,3%: “parla come magni” direbbero a Roma. Inoltre il 70% della popolazione ha livelli di competenza inferiori sia in lettura che in scrittura. Questa incapacità linguistica si traduce in una minore partecipazione al processo politico e alle attività sociali.

E per quanto riguarda le capacità matematiche? A quanto pare la matematica non è il mestiere del 96% della popolazione. Difatti secondo il PIAAC solo il 4,5% degli italiani ha una competenza alta in matematica.

Analfabetismo digitale

Con l‘era tecnologica è nato anche il concetto di “analfabetismo digitale”, inteso come l’incapacità (o l’ignoranza) di una persona nell’utilizzare i dispositivi tecnologici sia nella vita quotidiana sia in quella lavorativa. Difatti solo il 69% degli italiani utilizza regolarmente internet sul piano privato, come leggere notizie online, ascoltare musica o utilizzare un e-commerce.

Questo poco utilizzo di internet si riflette sull’internet baking e servizi di e-government: solo il 13% della popolazione italiana compila i moduli digitali, in UE la media è del 30%, più del doppio.

Impatto sulle aziende dell’analfabetismo digitale

L’analfabetismo digitale ha un inevitabile  impatto sulla digitalizzazione delle imprese. Difatti le PMI italiane sono analogiche o digitali incompiute (l’89% secondo il Centro Studi Confindustria, calcolo basato su rilevazioni Istat). Inoltre solo l’8% vende online, mentre oltralpe (Germania e Spagna) hanno una percentuale rispettivamente del 23% e del 20%. Queste percentuali coinvolgono per lo più le piccole e media imprese che hanno tra i 10 e 49 addetti, la situazione tuttavia tende a migliorare nelle imprese più grandi.

A causare questa lacuna digitale nel mondo delle aziende e delle imprese è da attribuire a una scarsa diffusione dei mezzi digitali. Solo un quarto delle aziende utilizza software di ufficio, e oltre il 40% non è in grado di utilizzare software o dispositivi tecnologici in modo efficiente. L’analfabetismo digitale è esacerbato da una mancanza di preparazione, corsi formativi aziendali e professionali in grado di sopperire tale mancanza. Di contralto, figure lavorative legate al mondo digitale (robotic & automation manager, T expert ed engineer, cognitive computing expert) sono assenti, il che contribuisce anche al tasso di disoccupazione giovanile.

Come debellare l’analfabetismo funzionale

Come colmare questa lacuna digitale della popolazione italiana? 

La soluzione sembra sin troppo banale per un problema così importante. Investire sull’istruzione. E non si parla solo dell’istruzione accademica, ma anche sull’istruzione di professionisti, disoccupati e pensionati.

  1. Digitalizzare la scuola.  Fornire ai docenti corsi formativi in cui possono prendere dimestichezza con dispositivi tecnologici come il registro elettronico e inserire nel programma scolastico nozioni base di informatica.
  2. Corsi professionali. Per mantenere il livello di istruzione digitale adeguato dopo la scuola, si dovrebbe investire sulla formazione professionale aziendali, in cui i professionisti potranno apprendere le nozioni specifiche per la loro professione, o le persone disoccupate potranno acquisire nozioni plus che li aiuteranno di certo a trovare un lavoro.
  3. Pensionati. Ormai l’internet baking e i servizi di e-government stanno prendendo il posto delle soluzioni analogiche. I pensionati e le persone anziane si troverebbero in difficoltà nel gestire queste nuovo realtà, soprattutto se non hanno un affiancamento adeguato.

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